POSTATO dal prof d’italiano
Il 2 novembre è il giorno della commemorazione dei defunti. Per l’occasione vi voglio far leggere questo breve passo di Aleksandr Puškin, uno dei più importanti scrittori della letteratura russa; è tratto dal racconto “Storia del villaggio di Gorjuchino” (pubblicato postumo e incompiuto nel 1837), in cui Puškin descrive le usanze di un immaginario villaggio russo del XIX secolo:
Il rito funerario avveniva come qui di seguito descritto: il defunto veniva portato al cimitero il giorno stesso della morte, in modo che non occupasse inutilmente posto nell’izba. Da ciò conseguiva che, con indicibile spasso dei parenti, il morto era solito starnutire o sbadigliare proprio nel momento in cui la bara usciva dal recinto del villaggio. Le donne, facendo le lamentazioni, piangevano i mariti e dicevano: “Luce mia, cuore ardente! A chi mi hai lasciato? Che dovrò fare per ricordarmi di te?” Al ritorno dal cimitero iniziava un banchetto in onore del defunto, e i parenti e gli amici si prendevano una sbronza che durava due o tre giorni, e a volte anche una settimana, a seconda della loro dedizione alla memoria del trapassato. Tali antichi costumi si conservano a tutt’oggi.
Mi sembra un modo originale di descrivere un funerale!
Aleksandr Sergeevič Puškin
(Mosca, 6 giugno 1799
[26 maggio secondo il calendario Giuliano allora utilizzato in Russia] –
San Pietroburgo, 10 febbraio 1837)
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