lunedì 30 gennaio 2012

Geografia e grafici

POSTATO dal prof d’italiano:

La Geografia andrebbe studiata sul territorio: cosa praticamente impossibile nella Scuola Media. Vi immaginate cosa significherebbe studiare la Germania andando in Germania? O l’Africa andando in Africa? O l’Antartide andando in Antartide?
Per questo i manuali di Geografia con cui avete a che fare cercano di ovviare al problema in tutti i modi possibili. Infatti, sono generalmente fatti così:
-         c’è un testo, più o meno difficile
-         ci sono delle cartine
-         ci sono delle fotografie
-         ci sono dei grafici
So per esperienza che i ragazzi tendono abitualmente a concentrarsi sul testo (quando va bene) e tralasciano tutto il resto. È una pessima abitudine, perché cartine, foto e grafici sono a volte più interessanti del testo; purtroppo sono anche più difficili da leggere, ma, se letti con cura, risultano spesso anche più efficaci.
Facevo questa riflessione negli ultimi giorni, dopo aver trovato sul quotidiano che leggo un gran numero di grafici. L’argomento è sostanzialmente la crisi economica di cui si parla da mesi [argomento che sta quasi per venire a noia anche a me, figurarsi a un ragazzo!], ma la cosa interessante è che questi grafici che ho trovato sono molto significativi; sia per quello che dicono, sia per come sono fatti.
Per questo ne ho scelti alcuni e ho deciso di postarli nel nostro blog.
Senza parole. Chi è interessato, se li guardi, o meglio se li legga. Magari comprende perché l’Italia è così malmessa e un po’ tutti ci stanno declassando. L’unica speranza è che i giornali pubblicano di solito solo le notizie cattive, ma qualche grafico in cui l’Italia non sia agli ultimi posti da qualche parte ci deve essere!








RISPOSTA AL COMMENTO DI MANUEL:
Il 3° grafico mostra la percentuale di popolazione che usa Internet per le faccende che hanno a che fare con la Pubblica amministrazione (per esempio per chieder un documento al Municipio, per iscriversi a scuola e così via).

Il 4° grafico evidenzia i soldi che lo Stato paga (o non paga) a chi è senza lavoro perchè non lo trova, per esempio un giovane che cerca di entrare nel mondo del lavoro. E' interessante, secondo me, sapere che ci sono Paesi in cui questo succede.

mercoledì 25 gennaio 2012

Theo Angelopoulos

POSTATO dal prof d’italiano:


Cari ragazzi, permettetemi questo post molto personale.
Poche volte nella mia vita mi è capitato di rimanere profondamente colpito dalla morte di un personaggio pubblico: la prima, e più forte, è stata la morte di John Lennon, di cui ero (e sono) un fan sfegatato.
La seconda è oggi; ho appena letto sul giornale che ieri è morto, ucciso travolto da una moto, il regista cinematografico greco Theo Angelopoulos. Aveva 76 anni ed era un poeta della pellicola. Ha fatto film cosiddetti “d’autore”, cioè film difficili, di quelli che uno non va a vedere per passare 2 ore, ma per imparare qualcosa e per trovare un punto di vista diverso sulla realtà, sulla vita, sulla storia.
Ricordo ancora con piacere il coinvolgimento emotivo e intellettuale che mi procurò la visione del primo film da lui diretto, che ebbi modo di vedere al cinema. Ero all’università, a Padova, alla fine degli anni ’70 e il cinema era una sala di periferia, ben poco accogliente, che aveva il pregio di programmare film non commerciali, che altrove non si riusciva a vedere e che perciò era sempre pieno di studenti. Il film si intitolava “La recita”, era in originale con i sottotitoli e durava quasi 4 ore. Mi impressionò tantissimo, non solo per l’argomento (un gruppo di attori girovaghi mette in scena un’opera in giro per la Grecia, in un arco di tempo che va dalla Seconda guerra mondiale ai primi anni Cinquanta; in questo modo il regista racconta una decade di storia greca), ma anche, e forse soprattutto, per il modo in cui il film era fatto. Anghelopoulos è stato, infatti, il regista che più e meglio di altri ha usato il “piano sequenza”, una tecnica secondo la quale una scena può durare anche 15 minuti senza alcuna interruzione, senza uno stacco di montaggio. Nel suo caso non era solo una tecnica filmica, ma acquistava un senso ideologico, morale e psicologico di profonda intensità.
Non chiedetemi di farvi vedere un suo film: sono film troppo difficili per dei ragazzi, però, quando sarete grandi e avrete voglia di guardare qualcosa di insolito, qualcosa che vi faccia riflettere ed emozionare, se vi capita, cercate tra i suoi titoli; magari non vi piaceranno, però sono sicuro che riuscirete a riconoscere l’originalità di questo regista.
Morto ieri a 76 anni per emorragia cerebrale, dopo essere stato investito ad Atene da un motociclista. Quant’è strana la vita!

I film che ha fatto (entro parentesi il titolo originale):
Ricostruzione di un delitto (Anaparastasi) (1970)
I giorni del '36 (Meres tu '36) (1972)
La recita (O thiasos) (1975)
I cacciatori (1977)
Alessandro il Grande (Megalexandros) (1980)
Viaggio a Citera (1984)
Il volo (O melissokomos) (1986)
Paesaggio nella nebbia (Topio stin omichli) (1988)
Il passo sospeso della cicogna (Les pas suspendu de la cigogne) (1991)
Lo sguardo di Ulisse (To vlemma tou Odyssea) (1995)
L'eternità e un giorno (Mia eoniotita kai mia mera) (1998)
La sorgente del fiume (2004)
Chacun son cinéma (2007) Episodio Trois minutes
La polvere del tempo (2009)
In questo periodo stava girando il suo nuovo film, intitolato L’altro mare


La copertina della videocassetta italiana del film “La recita”

P.S.
A completamento del mio post, pubblico un breve articolo, trovato su la Repubblica di oggi (29 gennaio 2012):

E il cinemino si illuminò
Di Natalia Aspesi

Era il 1975 e in concorso al Festival di Cannes c’erano tre film italiani, persino Yuppi Du di Celentano. Vinse un film algerino, miglior attore il nostro Gassman. Fuori festival ufficiale, relegato in un cinemino, davano un film greco, di un tale Angelopoulos non ancora quarantenne, noto solo ai cinefili più agguerriti. Intitolato O’ thiasos, (da noi La recita), durava tre ore e quaranta minuti e i pochi che erano andati a vederlo rinunciando al concorso capirono subito di trovarsi davanti a uno di quei capolavori epocali che molto raramente, e sempre meno, illuminano il cinema. Raccontava la tragedia della dittatura greca, dal ’39 al ’52, attraverso la realtà e la rappresentazione teatrale di una troupe di girovaghi, avanti e indietro nel tempo e nei luoghi, sino a trasformare gli eventi nella memoria dolorosa di un intero popolo. Poetico, simbolico, realista, epico, marxista, il film ebbe poi un commosso successo di pubblico, essendo quelli tempi in cui il cinema politico, naturalmente antifascista e di sinistra, riempiva le sale. Chi l’ha visto ha ancora dentro di sé, il lungo, estenuante silenzio che accompagna l’interminabile stupro di un gruppo di militari sul corpo abbandonato di una giovane donna.

domenica 15 gennaio 2012

La camera dei figli

POSTATO dal prof d’italiano:

Dedicato ai miei alunni e ai loro genitori, questo articolo apparso su la Repubblica il 13 gennaio 2012.


Le camere dei figli nel caos ecco il decalogo dell' ordine
Di Enrico Franceschini
«Così non si può andare avanti! Metti in ordine la tua stanza o...» Quanti genitori pronunciano una frase simile. E quanti adolescenti la ascoltano, per lo più senza fare una piega. È la battaglia della "camera dei figli". Ci passano tutte le famiglie, o quasi. Provoca stress, arrabbiature e talvolta conflitti insanabili. Anche perché finora una soluzione non è stata trovata. Ma un libro pubblicato da poco e nuovi studi nel campo della psicologia familiare offrono qualche consiglio che può ridurre il problema. Certo, non è un problema eterno. Gli adolescenti crescono. E da grandi, miracolosamente, alcuni diventano ordinati. Gli altri, perlomeno, a un certo punto vanno a stare per conto proprio, sicché non bisticciano più con i genitori, casomai litigano con il proprio partner. Ma finché dura è un problema lacerante. Non servono sondaggi per sapere che le camere da letto della stragrande maggioranza dei teen-ager di ambo i sessi ricordano il caos primordiale: pile di vestiti sporchi per terra, cassetti e sportelli spalancati, piatti sporchi con avanzi maleodoranti, libri e quaderni sparpagliati. Che fare? Per prima cosa occorre riconoscere un dato di fatto. Per gli adolescenti è davvero difficile tenere in ordine la stanza in cui dormono, studiano, giocano. Sono abbastanza grandi da sentirsi responsabili, ma il loro cervello sta ancora sviluppando alcune delle capacità cognitive di cui avranno bisogno da grandi, come controllare l'impulsività o considerare il punto di vista altrui. Morale: bisogna comprenderli, almeno un po' . Senza giustificarli. Secondo: evitare ciò che non funziona, ossia rimproverarli in continuazione, fare minacce che non si manterranno (tipo ti caccio di casa), arrabbiarsi eccessivamente. Jim Fay, fondatore del Love and Logic Institute, un centro di consulenze familiari, indica piuttosto alcuni provvedimenti che possono aiutare. «Cominciare - dice al Wall Street Journal - col chiedere ai figli con le buone di fare ordine. Poi fissare una scadenza ragionevole. Quindi, se la scadenza passa inosservata, imporre punizioni». Una è togliere ai figli qualcosa a cui tengono: un regalo, una gita, una festa. Un'altra è mettere la camera in ordine senza di loro, ma in maniera che li infastidisca: per esempio facendo sparire tutti i vestiti che hanno lasciato per terra. Un metodo alternativo è l'umorismo: se un figlio ha l'abitudine di spargerei propri vestiti, i genitori possono cominciare a gettarci dentro anche i loro. Sperando che capisca l'ironia. Ma una soluzione perfetta non esiste. Ci sarà sempre l'adolescente che dice: «Ora che avete messo tutto a posto non trovo più niente». E magari ha anche ragione: c'era un ordine, nel suo caos.


Come sarà il mondo nel 2062?

POSTATO dal prof d’italiano:

Questo articolo è apparso su la Repubblica il 13 gennaio 2012. Crederci o non crederci?


Viaggi su Marte e longevità: le scoperte dei prossimi 50 anni
Di Riccardo Luna
Tranquilli, fra 50 anni sarà molto meglio. Andremo su automobili che si guidano da sole, evitando multe ed incidenti grazie a una rete di microsensori. Mangeremo carne prodotta in laboratorio senza uccidere animali (e senza inquinare l'ambiente). Prenderemo tutta l'energia che ci serve dal centro della Terra dicendo finalmente addio a carbone e petrolio. Non avremo più soldi in tasca, ma gireremo con un chip sottocutaneo collegato al conto corrente. E la sera scaricheremo il cervello su una chiavetta, come quando facciamo il backup del telefonino per non perdere i dati della rubrica. Se vi sembrano le solite previsioni futuristiche un po' strampalate, beh, sappiate che lo sono forse: ma qui parliamo di scienza. Di quello che la scienza sta preparando per noi. Le previsioni le ha raccolte Giovanni Bignami, a sua volta scienziato di fama mondiale: da qualche mese guida l' Istituto Nazionale di Astrofisica e da lì si è inviato in giro per il mondo per capire Cosa resta da scoprire (Mondadori). Un viaggio alla ricerca delle prossime scoperte che ci cambieranno la vita. Lo ha fatto sapendo che prevedere il futuro è un esercizio divertente ma che quasi sempre comporta clamorose brutte figure: "Negli anni '50 era considerato certo che nel 2000 gli aerei non avrebbero avuto le ali. Il capo della IBM nel 1943 disse che al mondo sarebbero bastati cinque computer. E nessuno aveva previsto le grandi scoperte del XX secolo...". Allora perché farlo? Bignami cita una massima di Eisenhower: "Perché i piani sono inutili, ma la pianificazione è essenziale". E i piani della scienza sembrano molto chiari: nel prossimo mezzo secolo cambierà davvero tutto. La velocità del progresso scientifico infatti non è costante ma aumenta in maniera esponenziale. Bignami ha individuato un metronomo d'eccezione per dimostrarlo: la cometa di Halley. Da un paio di millenni passa regolarmente vicino alla Terra ogni 76 anni. "Passò prima della battaglia di Hastings del 1066 e la ritroviamo nell'arazzo di Bayeux. Nel 1301 ripassa e Giotto la dipinge nella cappella degli Scrovegni. Nel 1682 viene osservata per la prima volta col telescopio da Edmond Halley. Ci vollero altri tre passaggi e nel 1910 le scattammo la prima fotografia. La volta dopo, nel 1986, le abbiamo addirittura mandato incontro una flotta di sonde spaziali. E nel 2062? Magari la ingabbieremo con una grossa rete e la faremo atterrare su un deserto: è grande come Manhattan". Ecco perché il 2062. Come saremo, che faremo? Di una cosa Bignami è convinto da tempo: "È già nato il bambino che camminerà su Marte". Perché tanta sicurezza? Intanto perché il turismo spaziale farà finalmente tornare di moda l'esplorazione umana dello spazio, sostiene il professore. E poi il Progetto Marte è già stato scritto tanto tempo fa: lo aveva fatto addirittura nel 1948 Wernher von Braun, padre del programma spaziale americano. Con qualche aggiustamento è ancora valido. Mentre la tecnologia per andarci e tornare in 369 giorni (di cui 41 sul pianeta rosso) è italiana: la dobbiamo a Carlo Rubbia e il progetto risale al 2008, quando Bignami guidava l'Agenzia Spaziale Italiana. Ma il punto è un altro: perché andarci? "Per capire il segreto della vita" secondo Bignami, "Come si è formata nell' universo?". È questa la seconda grande scoperta delle dieci che faremo entro il 2062. "La prima sarà scoprire una nuova vita irraggiungibile. Ci vorrà fortuna per captare un segnale intelligente dallo spazio profondo, ma è possibile e ci darà la certezza che c'è vita in un altro sistema solare. Da quel momento in poi, cambierà qualcosa dentro ciascuno di noi". Una delle questioni fondamentali sarà l'energia. Bignami, come molti scienziati, è un nuclearista convinto: nel senso che considera il livello di sicurezza delle attuali centrali assolutamente accettabile. Ma si è anche rassegnato al fatto che l'opinione pubblica non cambierà idea, nemmeno in 50 anni. E allora, visto che i combustibili fossili stanno rapidamente distruggendo l'equilibrio del pianeta e che le energie alternative non sono sufficienti per la fame energetica del mondo, immagina una terza strada: la geotermia profonda. Ovvero andare a prendere il calore sotto la crosta terrestre. Sarà migliore il mondo nel 2062? Guardiamo la vita delle persone. Il lavoro in grandissima parte sarà fatto da macchine: non parliamo di robot, ma di costruttori molecolari in grado di produrre qualunque oggetto. Nel frattempo la vita si allungherà sempre di più per cui "nel 2062 sarà nato il bambino che vedrà la cometa di Halley tre volte, cioè vivrà più di 152 anni". Che faranno tutti questi ultra anziani senza lavoro? È uno scenario che fa intravedere problemi sociali immensi. Che non possiamo evitare. "Alla società non sarà data la scelta se invecchiare o no. Il futuro non si ferma e non ci aspetta".

Internet rende stupidi?

POSTATO dal prof d’italiano:

Questo articolo apparso su la Repubblica del 13 gennaio 2012 è a firma di Raffaele Simone, uno dei massimi linguisti europei. Le sue tesi espresse in questo articolo sono molto interessanti.
SE A SCUOLA INTERNET RENDE STUPIDI
Di Raffaele Simone
Due spettri s'aggirano per le scuole italiane: la lavagna interattiva e il tablet. Quest’ultimo è un apparecchio del tipo dell' iPad, che si collega in rete e permette di leggere, ascoltare, vedere, scrivere, calcolare più o meno come un computer, con la differenza che pesa solo qualche centinaio di grammi. La lavagna interattiva è un grande display che sembra una lavagna: ci si scrive con una penna speciale o col dito e quel che si scrive si può salvare, modificare, spedire... Da un po' di tempo qualcuno ha stabilito che sono il futuro della scuola: nessuno sa di preciso chi abbia preso questa decisione ma sta di fatto che, appena un ministro s'installa, dichiara che i due gadget sono indispensabili. Il ministro Profumo non fa eccezione: quando, appena arrivato, ha scoperto (dati Istat 2009) che a scuola (non a casa) i ragazzi che usano il computer sono solo il 4%, ha annunciato che, per rendere la scuola italiana più "moderna e visionaria", punta sulla diffusione di lavagna interattiva e tablet. Quanto alla lavagna interattiva, basta vederla in funzione per capire che è un gadget inutile e fragilissimo. Il suo lavoro non è molto diverso da quello di una lavagna normale, quasi solo con la differenza che si può registrare quel che si è scritto. Il tablet è più insidioso: date le sue maggiori possibilità di uso (contiene libri elettronici e può operare come blocco per appunti, terminale telematico, strumento di precisione e altro), ha un appeal a cui è difficile resistere. Inoltre, siccome è "connesso", spinge facilmente a credere che apra finestre su un mondo illimitato. Ma è davvero così? A parte l'entità dell'investimento necessario per realizzare il proposito del ministro, il dibattito internazionale su questi temi è molto vivo. Più di un analista dubita della reale utilità di queste risorse nella scuola: a Clifford Stoll (autore qualche anno fa del durissimo saggio Confessioni di un eretico high-tech; Garzanti) s'è affiancato quest'anno Nicholas Carr con un libro (in Italia da Raffaello Cortina) dal titolo eloquente: Internet rende stupidi? (La sua ovvia risposta è: "Sì, e non poco"). Altri argomenti ho portato io stesso in La Terza Fase. In ritardo su tutti gli aspetti della modernità, la nostra scuola ha sempre mostrato la più candida accoglienza verso mode (tutte, inutile dirlo, di origine statunitense) che si sono esaurite in un batter d'occhi. A ricordarne alcune si entra nella più plumbea archeologia culturale. Negli anni Settanta subimmo l'inondazione del mito del test e della misurazione "oggettiva" delle prestazioni dei ragazzi; poi fu la volta degli "obiettivi didattici", mediocre dottrina che costrinse per anni gli insegnanti a indicare ossessivamente gli "obiettivi" (scelti entro liste prestabilite) a cui la loro attività doveva puntare; infine la folle sbronza di "istruzione programmata": in attesa dei computer (allora rarissimi) si progettavano noiosi fascicoli che ne scimmiottavano la logica. Ognuna di quelle ondate generò corsi di aggiornamento, investimenti e carta straccia, senza dire del subbuglio che produsse nei professionisti e le famiglie. L'apertura senza riserve a tablet e lavagne interattive (qualcuno studia anche le applicazioni educative del telefonino...) corre il rischio di essere un nuovo capitolo di questa storia di sudditanza. La cultura digitale è di certo un fenomeno più importante delle mode precedenti. Ma, se non ci si può opporre alle innovazioni epocali, non è inevitabile accettarle senza sapere che cosa si sta facendo. Anche qui tra l'altro la nostra scuola arriva in ritardo: mancata (negli anni Ottanta) la fase iniziale dei pc, ignorato (negli anni Novanta) l'avvento della rete, ora cerca di acchiappare la pantera per la coda introducendo tablet a tappeto. Ma prima di fare una mossa simile è cruciale domandarsi che cosa comporta l'introduzione massiccia della cultura digitale nella scuola. Risorsa formidabile in alcuni impieghi ma pericolosa in altri, è una potenzialità ambivalente che richiede in ogni caso un governo e una gestione fermi e consapevoli. Basta menzionare un rischio tipico: la cultura digitale è uno dei più temibili moventi di interruzione della concentrazione che si siano mai presentati nella storia, e si sa quanto la concentrazione sia cruciale nell'apprendimento. L'entusiasmo di un ministro o di qualche dirigente scolastico (che trova magari esaltante il fatto che i tablet liberino i ragazzi del pesante zaino) è una motivazione ancora troppo tenue per giustificare una tardiva e radicale digitalizzazione della scuola.

mercoledì 11 gennaio 2012

Un buon maestro ti cambia la vita

POSTATO dal prof d’italiano:

Io non credo più di tanto a ciò che si dice in questo articolo, apparso su la Repubblica il 7 gennaio 2012 (anzi, lo considero proprio un’americanata – come si diceva una volta delle stupidaggini non nocive); vedete voi se vi convince o no.

Serenità, successo, denaro un buon maestro ti cambia la vita
Di Annie Lowrey
WASHINGTON - Quando un insegnante delle scuole elementari e medie aiutai suoi alunni a migliorare il loro rendimento agli esami esercita un influsso positivo generale e di lunga durata sulla loro vita, non solo nell'ambito scolastico: gli studenti che hanno avuto un bravo insegnante hanno minori probabilità di avere un figlio in età adolescenziale, maggiori probabilità di iscriversi all' università e migliori prospettive di guadagno in età adulta; è quello che emerge da un nuovo studio, che ha seguito l'evoluzione di due milioni e mezzo di studenti nell'arco di oltre vent'anni. Lo studio, effettuato da Raj Chetty e John Friedman dell'Università di Harvard e da Jonah Rockoff della Columbia, tutti economisti, prende in esame un numero elevato di studenti. «I punteggi ottenuti ai test aiutano a garantirti un maggior livello di istruzione, e quello si ripercuote sui guadagni», dice Robert Meyer, direttore del Centro di ricerca sul valore aggiunto dell'Università del Wisconsin-Madison, che studia i metodi di valutazione degli insegnanti. Lo studio, che i tre economisti hanno presentato in oltre una dozzina di seminari nel corso del 2011 influenzerà il dibattito nazionale sull' importanza di avere insegnanti di qualità e sul modo migliore per misurarla. I fautori del sistema affermano che queste valutazioni obbligano gli insegnanti a rendere conto del loro lavoro e possono contribuire a migliorare i risultati scolastici di milioni di bambini. I detrattori, fra cui alcuni sindacati, sostengono che isolare l'effetto di un insegnante è molto difficile. A parità di altre condizioni, uno studente che ha avuto un insegnante molto bravo per un anno, tra la quarta elementare e la terza media, guadagna 4.600 dollari di reddito in più nell'arco dell' intera vita, contro uno studente della stessa classe di età che ha avuto un insegnante medio. Sostituire un insegnante scadente con uno medio produrrebbe un incremento dei guadagni degli studenti nella vita di circa 266mila dollari. Moltiplicate questa cifra per tutte le classi che ha un insegnante nella sua carriera. «Lasciare un insegnante a basso valore aggiunto nella vostra scuola per 10 anni, invece di sostituirlo, significa ipoteticamente perdere 2,5 milioni di dollari di reddito», dice il professor Friedman, uno dei coautori del saggio. Dopo aver individuato gli insegnanti bravi, quelli medi e quelli scarsi, gli economisti hanno analizzato il percorso dei loro studenti nel lungo periodo, studiando dati sul loro reddito, sui tassi di iscrizione all'università, sull' età in cui hanno avuto un figlio e sulla città e la zona dove sono finiti a vivere. I risultati sono stati impressionanti. Limitandosi ai punteggi degli esami l'effetto di un bravo insegnante di solito svanisce dopo tre o quattro anni. Ma, assumendo una prospettiva più ampia, gli studenti continuano a beneficiare dell' influsso positivo di un buon insegnante per anni. (Copyright The New York Times) (Traduzione di Fabio Galimberti)




La Befana

POSTATO dal prof d’italiano:

Con un po’ di ritardo posto questo articolo apparso su la Repubblica il 6 gennaio 2012.


La Befana Così dalla ninfa Egea nacque il rito della calza
Di Marino Niola
È la calza a fare la befana, non la befana a fare la calza. Basta questo accessorio magico, infatti, a trasformare una strega inquietante in una nonnina volante. Un po' fata generosa, un po' maga minacciosa. Ninfa attempata e sibilla decrepita, la megera benefica che arriva il sei gennaio ha nella calza il suo logo millenario. Che risale alle antiche divinità femminili del mondo pagano. Quelle che governavano il passaggio dall'anno vecchio a quello nuovo. Prima fra tutte la ninfa Egeria, consigliera soprannaturale di Numa Pompilio. Il secondo dei mitici sette re di Roma proprio alle calende di gennaio appendeva u n a calza nella grotta della dea, vicino a Porta Capena e alle terme di Caracalla. E l'indomani mattina la trovava puntualmente piena di regali, ma anche di ammonimenti e profezie. Qualcosa tra un pizzino e una predica. A dar man forte alla generosa Egeria ci pensava la divina Strenia, da cui deriva il nostro termine strenna. Che in origine era il regalo speciale che i genitori romani facevano ai bambini. Anche questa volta nei primi giorni dell' anno, durante la Sigillaria, letteralmente la festa delle statuette. Chiamata così perché si regalavano biscotti dolci a forma di bamboline e animaletti, assieme a una gran quantità di frutta secca e fave. Regali, più profezie, più calze. Queste dee erano delle befane di fatto anche se non lo erano ancora di nome. La parola befana è infatti un'invenzione del cristianesimo popolare e nasce dalla volgarizzazione dell'Epifania che sarebbe la manifestazione della doppia natura di Cristo ai re Magi venuti da Oriente per portare doni al dio bambino. Così il termine greco epifaneia si trasforma, nei vari dialetti italiani, in bifania, befania, pifania. Fino a diventare un vero e proprio personaggio. Come dire che la befana è la personificazione di un dogma astratto. La nostra festa è dunque il risultato di una fusione tra antichi riti calendariali e nuovi simboli cristiani. Resta il fatto che la nonnetta svolazzante rappresenta la personificazione femminile dell'anno, il simbolo della natura giunta alla fine del suo ciclo e perciò raffigurata come una vecchia. Povera, striminzita, raggrinzita. Ecco perché la notte dell'epifania conserva quel carattere di attesa magica del nuovo anno e al tempo stesso di resa dei conti con quello vecchio. Premi e castighi. Previsioni e sanzioni. Cose buone da mangiare e cose assolutamente immangiabili come aglio e carrube, cenere e carbone. Quel carbone, una volta tanto temuto dai ragazzini e che le vecchine buoniste di oggi hanno trasformato in cristalli di zucchero nero. Una dolce punizione, una lezione a salve fatta apposta per una società dove la bocciatura non è più contemplata. Eppure quella della befana resta comunque una pagella, uno scrutinio di fine anno. Non a caso si chiamano proprio scrutini le sorprese che tradizionalmente si mettono nei dolci dell'Epifania. E che di solito sono a forma di fava. Probabilmente perché questi legumi venivano usati nell'antichità per votare a scrutinio segreto condanne o assoluzioni, fave bianche per il sì, fave nere per il no. Ma anche per predire il futuro. E farsi amica la fortuna. Forse proprio perché viene da molto lontano la befana è dura a morire. Ha dalla sua il passo lungo della tradizione che le consente di resistere alle mode e di essere a suo agio in ogni epoca. In fondo la vecchia che vola sulla scopa e si cala nottetempo dalla cappa del camino è un hardware fiabesco in grado di lanciare i software più diversi. Dalla calza bio a quella chilometro zero, da quella ecocompatibile a quella equosolidale, da quella sostenibile a quella responsabile. E perfino alla calza delocalizzata della Omsa, regalo avvelenato per le lavoratrici dello storico marchio. Oggetti ma anche concetti. Stili di vita. Idee di futuro. Non semplicemente consumi. Se è vero che tutto quel che si infila nella calza diventa simbolico allora le ultime tendenze della befana diventano un sismografo del presente. Ne registrano fedelmente gli umori e i valori, le attese e i timori. Da un lato la crisi economica che costringe alla sobrietà. Ma dall'altro anche la voglia di cambiamento. Ecco perché in un tempo di crisi come il nostro la befana, emblema millenario del dono e dei bilanci, del dare e del ricevere, abiura la bulimia consumistica. E si converte all'abbondanza frugale. Senza rinunciare a sognare.

lunedì 9 gennaio 2012

Laboratorio affettivo-sessuale: lezione 7

POSTATO dal prof d'italiano:

BUDDY HOLLY & THE CRICKETS: LOVE’S MADE A FOOL OF YOU (1958)


Love can make a fool of you,
You do anything it wants you to.
Love can make you feel so good
When it goes like you think it should,
Or it can make you cry at night
When your baby don't treat you right.
When you're feeling sad and blue
You know love's made a fool of you.

You know love makes fools of men
But you don't care, you're gonna try it again.
Time goes by, it's a-passing fast
You think true love has come at last.
But by and by you're gonna find
Your crazy love has made you blind.
When you're feeling sad and blue
You know love's made a fool of you.
L'amore può renderti pazzo,
E farti fare tutto ciò che vuole.
L'amore può farti sentire così bene
Quando le cose vanno come pensi che dovrebbero,
Oppure può farti gridare di notte
Quando il tuo amore non si comporta nel modo giusto.
Quando ti senti triste e depresso
Tu sai che è l’amore che ti ha reso pazzo.
Tu sai che l’amore ha reso pazzi un sacco di uomini
Ma non t’importa, tu ci provi lo stesso.
Il tempo passa, è un rapido passaggio
Tu pensi che sia giunto il vero amore infine.
Ma tra poco scoprirai
Che il tuo folle amore ti ha reso cieco.
Quando ti senti triste e depresso
Tu sai che è l’amore che ti ha reso pazzo.



Buddy Holly (nome vero, Charles Hardin Holley) nasce nel 1936 a Lubbock (Texas), ultimo dei quattro figli di Ella Drake e Lawrence Holley: la differenza d’età con i fratelli gli procura il nomignolo di “Buddy”. Ben presto, aiutato dai fratelli e dalla madre, si interessa al canto e al piano e nel 1948 alla chitarra. Subisce prima il fascino della musica country, poi del rhythm and blues e infine del r’n’r e, dopo una serie di incisioni che non sfondano, riesce a trovare il successo nel 1957. Ma la sua carriera è molto breve: nel 1959, all’apice della notorietà, Buddy Holly muore in un incidente aereo nel quale trovarono la morte anche due altri giovani musicisti: Ritchie Valens (il cantante famoso per “La bamba”) e J.P Richardson.

DOMANDA:
L’amore può veramente far impazzire? Può far fare cose che normalmente non si fanno?

RIFLESSIONI:

Se vuoi ascoltare la canzone, clicca sul link:


Tiziano Ferro - L' amore è una cosa semplice

POSTATO DA BENEDETTA:
Questa è una canzone di Tiziano Ferro che si trova nel suo ultimo album e sia la canzone che l'album si chiamano "L' amore è una cosa semplice" buon ascolto!
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giovedì 5 gennaio 2012

Che ne dite ...di un bel...PANETTONE

 POSTATO DA Sofia





 

 Chi scoprì il panettone secondo la tradizione? Le origini del panettone sfumano a tratti nella leggenda. Sono due le storie che godono di maggior credito. 1) Messer Ughetto degli Atellani, falconiere, abitava nella contrada delle Grazie a Milano. Innamorato di Algisa, bellissima figlia di un fornaio, si fece assumere da lui come garzone e, per incrementare le vendite, provò a inventare un dolce: con la migliore farina del mulino impastò uova, burro, miele e uva sultanina. Poi infornò. Fu un successo strabiliante, tutti vollero assaggiare il nuovo pane, e qualche tempo dopo i due giovani innamorati si sposarono e vissero felici e contenti. 2) Il cuoco al servizio di Ludovico il Moro fu incaricato di preparare un sontuoso pranzo di Natale, a cui erano stati invitati molti nobili del circondario, ma il dolce, dimenticato nel forno, quasi si carbonizzò. Vista la disperazione del cuoco, Toni, un piccolo sguattero, propose una soluzione: “Con quanto è rimasto in dispensa – un po’ di farina, burro, uova, della scorza di cedro e qualche uvetta – stamane ho cucinato questo dolce. Se non avete altro, potete portarlo in tavola”. Il cuoco acconsentì e, tremante, si mise dietro una tenda a spiare la reazione degli ospiti. Tutti furono entusiasti e al duca, che voleva conoscere il nome di quella prelibatezza, il cuoco rivelò il segreto: “L’è ’l pan del Toni”. Da allora è il “pane di Toni”, ossia il panettone.


 

Scrivere in corsivo

POSTATO dal prof d’italiano:

Questo articolo pubblicato su la Repubblica il 4 gennaio 2012 è dedicato a tutti i miei alunni che odiano scrivere in corsivo (non faccio nomi, ma loro sanno a chi mi riferisco):


Alla ricerca del corsivo perduto
tutti a scuola di calligrafia
Di Maria Novella De Luca
Si iscrivono ai corsi per passione, per divertimento, per bisogno. Per recuperare un'abilità perduta. Per ritrovarsi. Perché la scrittura a mano è un gesto naturale, come camminare, mangiare, dormire, innamorarsi. Perché quei segni, bellissimi o bruttissimi, mai però anonimi, sono lo specchio di noi, e dunque ci appartengono, sono il nostro modo di autografare la vita. Avvocati, medici, notai, maestri, manager, casalinghe, professori, semplici appassionati, giovani, adulti, anziani: in Italia c'è un vero e proprio boom di scuole di calligrafia, in tanti cercano di recuperare quel corsivo appreso da bambini e poi maltrattato, arrugginito, diventato incomprensibile, schiacciato dietro i tasti del computer. E sempre più maestri e insegnanti organizzano lezioni di "grafia" per allievi e scolari ogni anno più allergici all'uso di penne, matite e lapis ben temperati. Più che una moda è un fenomeno vero e proprio, uscito dal fiume carsico e oggi evidente e crescente: basta addentrarsi nella Rete per imbattersi in decine e decine di corsi di calligrafia, che hanno visto negli ultimi anni triplicare gli allievi, in workshop che insegnano la scrittura "cancelleresca" e quella "carolingia", il "corsivo inglese" e il "gotico", in un mescolarsi di saperi dove la filologia incontra il "lettering", e china, pennelli e pennini si uniscono a tastiere fisiche e virtuali. «È un movimento trasversale - racconta Barbara Calzolari, artista e calligrafa di fama mondiale e membro dell'Accademia Calligrafica Italiana - ai miei corsi arrivano persone di ogni tipo, c'è sempre una lunghissima lista d'attesa. È come se oggi, nell'era digitale, un testo scritto a mano, leggibile, bello, avesse acquistato un valore un più... Ma sono in particolare i maestri e le scuole che mi contattano di continuo, i bambini hanno enormi problemi di grafia e disgrafia, sono costretti ad imparare quattro tipi di scrittura diversa, stampatello e corsivo maiuscolo e minuscolo, una complicazione così grande che appena possono abbandonano penne e matite, o utilizzano soltanto lo stampatello. Ed è una perdita enorme, perché con il corsivo il nostro pensiero arriva fluido sul foglio, senza cesure, fratture, è la nostra lingua privata, ci racconta, ci svela». Oggi però oltre il 40% dei giovani tra i 14 e i 19 anni non sa più utilizzare il corsivo, e dunque faticano da matti a prendere appunti durante le lezioni, lamentano i prof di liceo e i docenti universitari. E non è una guerra tra tasti e pennini, tra l'analogico e il digitale, «bensì il bisogno di armonizzare due linguaggi entrambi fondamentali, addirittura fisiologici», dice Federica Pesci, che insegna italiano in un liceo milanese dove i ragazzi si presentano in classe con l' Ipad, «e io credo che sia anche legittimo utilizzarlo, il loro mondo è questo, purché però non smettano di usare, anche, la penna». Dall'Aci, Associazione Calligrafica Italiana, alla Confederazione Europea di Calligrafia, l'elenco delle scuole dove imparare a vergare il gotico minuto o semplicemente un buon corsivo, è lunghissimo, e gli artisti del pennino e dell' inchiostro sembrano vivere una rinascimentale age d'or [*]. «Quando spiego che lavoro faccio - racconta Massimo Ivaldi, giovane calligrafo fiorentino - le persone mi guardano un po' stupite e un po' ammirate. Sono figlio di un tipografo, e dunque tra le lettere e l'odore dell'inchiostro ci sono cresciuto e fin da piccolo ero affascinato dai caratteri corsivi. A 18 anni ho rilevato il laboratorio, ma stampare volantini, tesi di laurea e biglietti da visita non mi bastava più. Così ho iniziato a studiare arti calligrafiche, qui, in Toscana, e poi in Inghilterra, negli Stati Uniti. Adesso lavoro moltissimo, la scrittura a mano è sempre più ricercata, magari per poi scannerizzarla e inviarl a via mail, mi chiedono di vergare inviti per i matrimoni, per i grandi eventi, le sfilate di moda, addirittura, in qualche caso, lettere private, testamenti... ». Ma bisogna andare sul sito di Monica Dengo, artista, designer e calligrafa che lavora tra l'Italia e gli Stati Uniti, ideatrice del corso per corrispondenza «Freehandwriting», autrice del libro per bambini "Penne in pugno", e di diversi manuali per insegnare a tutti il corsivo, per capire da dove nasce questo nuovo amore per la scrittura a mano. «I miei corsi per corrispondenza, così come quelli dal vivo, sono sempre molto seguiti, un pubblico variegato di tutte le età, in egual misura maschile e femminile. La mia sensazione - dice Monica Dengo - è che le persone vogliano liberare la propria scrittura, quasi fosse un esercizio psicologico. Ma è dai bambini che bisogna ricominciare: da anni faccio un percorso in alcune scuole elementari insegnando un altro corsivo rispetto alla "gabbia" dei quattro tipi di scrittura che vengono loro imposti dai programmi ministeriali. E vedo con che felicità e velocità i più piccoli imparano...Dobbiamo difendere questo sapere, è qualcosa di vivo, di naturale, ma rischiamo di perderlo per sempre».
[* età dell’oro, nota del prof]


Londra: la capitale del 2012

POSTATO dal prof d’italiano:

2 articoli pubblicati su la Repubblica il 3 gennaio 2012, utili per sapere qualcosa in più sulla Gran Bretagna, su Londra e sugli inglesi.


L'anno di Londra
Di Enrico Franceschini
LONDRA - Le città, come le persone, vivono anni fortunati e altri sfortunati: segnati da crisi, terrorismo, disastri naturali, oppure da boom, trionfi politici, rinascite sociali. Il 2012 promette di essere l'anno di Londra: benché afflitta da problemi economici come il resto d'Occidente, la capitale della Gran Bretagna ha in calendario due party da favola per risollevarsi il morale. In primavera, culminando con una parata navale sul Tamigi a giugno, celebrerà in pompa magna il Giubileo di Diamante della regina, i 60 anni trascorsi da Elisabetta sul trono. E in estate, tra fine luglio e metà agosto, ospiterà a casa propria il mondo intero per le Olimpiadi. Se a questi due mega eventi si aggiungono una serie di appuntamenti culturali, dal festival di Shakespeare al bicentenario di Dickens, con contorno di mostre d'arte, concerti e ricorrenze d'eccezione, non c'è dubbio che nei prossimi dodici mesi gli occhi del pianeta punteranno sul Big Ben.
Vent'anni esatti dopo il famoso discorso con cui Elisabetta II definì il 1992 un "annus horribilis" (per la sua famiglia, a causa del divorzio di due figli, e per l'umore nazionale), l'anno appena cominciato dovrebbe riuscire, secondo l'auspicio del primo ministro David Cameron, «a dimostrare cosa sappiamo fare, tirare fuori il meglio di noi stessi, restituirci fiducia ed orgoglio in questo fantastico Paese».
I leader politici, naturalmente, cercano sempre di sfruttare la situazione a proprio beneficio.
La Gran Bretagna sta entrando, di nuovo, in recessione. Una tendopoli di indignados assedia le banche della City. E in agosto sono scoppiati a Londra disordini e saccheggi senza precedenti.
Non avendo la bacchetta magica per rimettere tutto a posto, Cameron spera che due belle feste popolari servano, se non altro, a migliorare un po' l'umore - e i consensi - nei suoi confronti. Per questo, le autorità non hanno badato a spese per i fuochi d'artificio del 31 dicembre (mai visti così grandiosi, e così costosi: 2 milioni di sterline): in mancanza di "panem", almeno distribuire "circenses" [1*]. E nel messaggio di Capodanno al Parlamento, il premier conservatore ha descritto il Giubileo e i Giochi Olimpici come una cosa sola, in grado di sottolineare ciò che è "già grande" della Gran Bretagna e di indicare al resto del globo una nazione "in movimento verso un futuro migliore".
In realtà per la Londra 2012 sarà più facile celebrare i fasti del passato che lasciare intravedere un radioso domani. Paradossalmente, come nota l'Economist, il Giubileo della regina, pur magnificando in sostanza la longevità di un'élite aristocratica, sarà l'avvenimento più genuinamente popolare: la più grande parata navale dei tempi moderni, oltre mille piroscafi, barche e barchette sul Tamigi, guidate dalla chiatta "reale" con Sua Maestà a bordo; il più grande concerto rock di tutti i tempi davanti a Buckingham Palace; strade chiuse al traffico in ogni quartiere di ogni città del regno per organizzare uno "street party" attorno a tavole imbandite e bandierine dell'Union Jack [2*]. Sui meriti della monarchia, inoltre, tutti concordano, in patria e all'estero: 60 anni sul trono sono una rarità storica (l'ultima e l'unica altra volta accadde nel 1897, con la regina Vittoria) ed Elisabetta di Windsor, incoronata nel 1952 appena 25enne, ha accompagnato l'esistenza di tre generazioni di suoi sudditi (e pure degli altri terrestri), rappresentando l'identità britannica con dignità e senza errori (tranne uno, peraltro riparato in fretta: quando non dimostrò immediato cordoglio per la morte della principessa Diana). Perfino gli indipendentisti scozzesi dicono che manterrebbero la regina come capo di stato, dopo una possibile secessione nel 2015: del resto è capo di stato anche di Australia e Canada. Più incerto, dal punto di vista di Londra, è il messaggio delle Olimpiadi. In primo luogo dipende dai risultati: se la squadra della Gran Bretagna non confermasse le aspettative di un quarto posto nel medagliere, con più medaglie che a Pechino 2008, la delusione dei fan sarebbe inevitabile. In secondo luogo, bisogna vedere se sarà veramente una festa "popolare": pare che metà dei biglietti siano stati assegnati agli sponsor, che li distribuiranno a ospiti Vip. I quali, insieme agli atleti e ai funzionari delle varie federazioni, disporranno di corsie di traffico riservate, per cui per tutti gli altri si prospettano tre settimane di ingorghi da incubo.
Ci saranno prezzi più alti ovunque, dagli alberghi ai ristoranti ai pub; per non pochi londinesi l'importante, parafrasando De Coubertin [3*], sarà fuggire, non partecipare. Infine c'è da sperare che il tempo sia migliore dell'estate scorsa, quando la temperatura media a Londra fu 15 gradi, e che non ci siano violenze o attentati terroristici.
«Vi prometto un'estate come non ne avrete mai viste», replica alle cassandre, con il suo caratteristico ottimismo, il sindaco di Londra, Boris Johnson, che minimizza le preoccupazioni sulle Olimpiadi ricordando come andarono quelle di Londra del 1948: anche allora Giochi all'insegna dell'austerità, la Gran Bretagna aveva vinto la guerra contro il nazismo ma razionava ancora il cibo, eppure dimostrarono lo spirito e l'orgoglio degli inglesi, fecero voltare pagina al paese. Ugualmente ottimista, un tabloid popolare come il Sun ha cominciato a pubblicizzare la sua copertura delle Olimpiadi con un ironico spot televisivo: sotto la celebre colonna sonora di "Chariots of Fire" ("Momenti di gloria" nell'edizione italiana, il film che raccontava i successi degli atleti inglesi ai Giochi del 1924), si vedono anonimi cittadini, un cameriere, un negoziante, una massaia, che corrono sulla spiaggia, come nella famosa scena d'apertura della pellicola. A proposito, anche il sindaco Johnson è in corsa: per farsi rieleggere, in aprile, e i sondaggi dicono che ce la farà.
È prematuro farne il bilancio e trarne le conseguenze, insomma, ma sembra innegabile che questo sarà un anno pieno di notizie su Londra. Un sondaggio del Times predice che le Olimpiadi faranno "bene al business", contribuendo a rimettere in moto l'anemica economia nazionale. La Bbc rivela che la regina permetterà a una rock band di suonare dal balcone di Buckingham Palace, durante il concerto pop in programma per il Giubileo, onore finora toccato a un solo "commoner", Winston Churchill, invitato da re Giorgio VI (il papà di Elisabetta) a fare il segno di vittoria alla fine della seconda guerra mondiale. E il 2012 richiamerà nella capitale una abbuffata mai vista di cultura e spettacoli: Shakespeare in 37 lingue, le celebrazioni per i duecento anni dalla nascita di Dickens, tutte le sinfonie di Beethoven dirette da Daniel Barenboim, grandi retrospettive di artisti come David Hockney e Damien Hirst. C'è chi osa sperare, per avere un "annus" veramente "mirabilis", che a inizio luglio Andy Murray diventi il primo britannico a vincere Wimbledon in oltre mezzo secolo. E se nessuno si azzarda, almeno a voce alta, a sognare imprese simili per l'Inghilterra allenata da Fabio Capello agli Europei di giugno, i bookmaker scommettono che entro quest'anno arriverà la lieta novella che la principessa Kate è incinta.
Dopo la commozione universale per il suo matrimonio con il principe William l'anno scorso a Westminster, non ci sarebbe niente di meglio di una culla e di un vagito per mettere la ciliegina sulla torta della Londra 2012.

[1*- l’espressione “panem et circenses” – letteralmente “pane e giochi del circo” – fu scritta dal poeta latino Giovenale e sta ad indicare ciò che durante l’Impero Romano gli imperatori davano al popolo per tenerlo calmo quando era scontento: Ma si usa ancora oggi, per gli stessi motivi .
2*- è il nome colloquiale con cui gli inglesi chiamano la bandiera britannica.
3*- Pierre de Coubertin fu uno storico francese, fondatore dei moderni giochi olimpici. Sua è la famosissima frase: «L’importante non è vincere, ma partecipare».
Le note sono del prof]


SOTTO:
3 immagini di Londra durante la notte di Capodanno del 2012:


7 febbraio: Mostre e eventi per celebrare i 200 anni dalla nascita dello scrittore Charles Dichens.
21 giugno: Dodici settimane di danza, musica e teatro per le Olimpiadi della cultura.
MAGGIO-GIUGNO: Con il Giubileo di Diamante si festeggiano i 60 anni di regno della regina Elisabetta II.
27 luglio: Londra ospita per la terza volta nella storia le Olimpiadi, dal 27 luglio al 12 agosto.


L' anno di Londra - Cenere e diamanti per nascondere tutti i nostri guai
Di John Lloyd
Nel 2012 la Regina Elisabetta II di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (per citare solo in parte il suo titolo) festeggerà il sessantesimo anniversario (di diamante) sul trono. Meglio sarebbe in realtà parlare di troni, dato che è la sovrana di quindici stati sovrani tra i quali si conta un altro paese membro del G-8, il Canada. La regina è sopravvissuta, da giovane principessa, alla Seconda guerra mondiale; alla morte di suo padre, avvenuta nel 1952, quando ha assunto il ruolo di regnante; a un matrimonio con un marito spesso di cattivo umore (il duca di Edimburgo che un mese fa si è sottoposto a un intervento al cuore e dopo il quale si è sentito dire di fare maggiore esercizio fisico); alla nascita di quattro figli, ciascuno dei quali ha provocato la sua buona parte di scandali, e alla Principessa Diana, forse la sua sfida più impegnativa. Eppure è ancora qui: più lenta nei movimenti, più segnata dalle rughe, un po' meno attiva, e tuttavia sempre determinata a portare a termine la sua tabella di marcia che prevede visite, inaugurazioni, conferimento di onorificenze, discorsi e celebrazioni varie. Nello stesso periodo in cui verrà celebrata, si svolgeranno anche i Giochi Olimpici, per lo più a Londra, occasione ulteriore per i britannici per mettere in mostra ciò che sanno fare meglio: organizzare enormi cerimonie e complessi rituali. Le Olimpiadi ci offriranno la possibilità di sfoggiare il nostro talento, consistente nel mascherare bene la modestia della nostra nazione, addirittura la delusione, lodando e applaudendo gli altri, un modo alquanto sottile per sottolineare che ciò che più conta non è vincere ma partecipare, e che noi britannici lo sappiamo meglio di chiunque altro. Per gli abitanti delle isole britanniche questo nuovo anno sarà un anno importante quindi. Ma sarà anche un anno pieno di tensioni, per altro, dato che molte cose potrebbero andare storte durante questi eventi: prima di tutto sussiste sempre il rischio di un attentato terroristico, di un attentatore suicida che riesca a superare le barriere della sicurezza, di una bomba fatta esplodere su un autobus, o di qualcosa di più esotico e inimmaginabile ancora. Sei anni fa - all'indomani di quando la Gran Bretagna era venuta a sapere di essersi aggiudicata l'edizione 2012 dei Giochi Olimpici e mentre il primo ministro Tony Blair si trovava con gli altri leader in Scozia - alcuni attentatori suicidi si fecero esplodere in vari punti della rete londinese dei trasporti urbani. L'incubo onnipresente è che tutto ciò possa ripetersi. La Gran Bretagna, infine, quest'anno dovrà affrontare il solito problema esistenziale che la riguarda: qual è il suo alleato più importante tra gli Stati Uniti e l'Europa? Sarà in grado di trovare un equilibrio tra ambedue? La sua interpretazione della situazione mondiale - quella secondo cui un'Europa più unita ancora è pura fantasia - si rivelerà esatta o sbagliata nel difficile anno che ci accingiamo a vivere? Oppure si scoprirà che ha ragione il presidente Napolitano - uno dei pochi capi di stato più anziani (di un solo anno) della regina Elisabetta - quando afferma che soltanto tramite una maggiore unione gli europei supereranno la crisi? Elisabetta - che come prevede la Costituzione non si esprime in proposito - non avrà nulla da dire. È già tanto che i britannici l'abbiano ancora come loro sovrana.
(Traduzione di Anna Bissanti)

mercoledì 4 gennaio 2012

TANTI AUGURI

POSTATO da Veronica
Scusate per il mio ritardo, ma il computer mi ha tradito, si è preso anche lui qualche giorno di vacanza!!!!
Auguro a tutti un felicissimo ed emozionante 2012.
Comunque spero che abbiate passato un sereno Natale ricco di regali!!!!







lunedì 2 gennaio 2012

Bravo Jacopo!

POSTATO dal prof d'italiano:

E bravo Jacopo che comincia l'anno con un +!
Oltre il +, hai guadagnato anche un brano tratto da "I Viceré", che a me ricorda qualcuno che conosci anche tu.

PREMESSA:
Questo romanzone (la mia edizione consta di 669 pagine) parla di una gran famiglia di nobili nella Sicilia della seconda metà dell'Ottocento. Dopo l'unità d'Italia uno dei membri di questa famiglia diventa deputato al Parlamento italiano...

BRANO:
Era già deputato, consigliere comunale e provinciale, membro della Camera di commercio, del Comizio agrario, presidente del consiglio d'amministrazione della Banca di Credito, consigliere di sconto alla Banca Nazionale e al Banco di Sicilia, e quasi tutto questo non bastasse, lo mettevano in tutte le giunte di vigilanza, in tutte le commissioni d'inchiesta. Ad ogni nuova nomina, egli protestava che era troppo, che non aveva tempo di grattarsi il capo, che bisognava dar luogo ad altri, ma dopo una lunga e cortese discussione doveva finalmente arrendersi alle insistenze degli amici. [...] Questi [cioè il deputato], che oramai non andava più alla capitale, consacrava tutto il suo tempo ai proprii affari, badava alle cose di campagna, migliorava le proprietà comperate dalla manomorta, speculava sugli appalti, si giovava del suo credito presso le amministrazioni pubbliche per rifarsi di quel che gli costava la rivoluzione. E con l'aria di consigliare Giulente [suo nipote e sindaco del paese], lo persuadeva a fare ciò che voleva. Ufficialmente, il sindaco era suo nipote; in fatto, era egli stesso. Non si rimoveva una seggiola, al municipio, senza la sua approvazione; ma specialmente nella nomina degli impiegati, nella concessione di lavori pubblici, nella distribuzione di incarichi gratuiti ma indirettamente o moralmente profittevoli, egli faceva prevalere la propria volontà, proteggeva i suoi adepti fossero anche inetti, metteva avanti la gente da cui poteva sperare qualcosa in cambio, non dava quartiere a quelli del partito avverso, qualunque titolo possedessero, da qualunque parte glie li raccomandassero. Aveva l'abilità di fingersi assolutamente disinteressato, di spingere il nipote a fare ciò che egli stesso voleva come se invece non gl'importasse nulla di nulla, e il Municipio diventava così, a costo di patenti ingiustizie, di manifeste violazioni della legge, un'agenzia elettorale, una fabbrica di clienti.

domenica 1 gennaio 2012

Auguri di buon 2012

POSTATO DA Sofia

Auguri a tutti i miei compagni e a tutti i miei Prof. per un bellissimo 2012.

 
Spumante e panettone, sarà un gran festone…
ma ciò che renderà speciale il capodanno, saranno i miei auguri di un felice anno!!

PS: Scusate per gli auguri di natale che non ho fatto, e per rimediare .......... 

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