lunedì 6 febbraio 2012

Marco Polo, Il Milione: un episodio incredibile!

POSTATO dal prof d’italiano:

Vi avevo raccontato in classe questo episodio tratto dal Milione di Marco Polo; ora ve lo trascrivo, perché è troppo “oscenamente” divertente.

Dovete sapere che nella Russia regna un freddo talmente intenso che ci si regge a fatica. Un freddo intenso come in quel luogo non si trova in nessuna parte del mondo. E se non fossero le molte stuppe [una specie di luogo pubblico, usato da chi viaggia per riscaldarsi tra una tappa e l’altra del proprio viaggio] che là ci sono, finirebbero gli abitanti col restar vittime del freddo eccessivo. […] E vi diremo un’usanza che hanno. Essi si fanno col miele e col panìco [una pianta delle graminacee] un loro vino squisitissimo, chiamato cervogia. Di tale cervogia essi fanno delle enormi bevute: nel modo che ora udirete. Sappiate dunque che si formano varie compagnie, di uomini e donne, specialmente di nobili e di magnati: compagnie di trenta, di quaranta, di cinquanta persone, ove i mariti portano con loro moglie e figliuoli. Ogni compagnia elegge nel suo seno un re, o in altre parole un comandante, e si fa uno statuto: in maniera che se, per esempio, uno pronuncia una parola che non vada o faccia qualcosa che sia contro lo statuto, viene punito dal capo che la compagnia si è dato. Ora, ci sono certuni, qualcosa come i nostri tavernieri, che tengono cànova [bottega per la vendita] della suddetta cervogia. Le compagnie di cui ho parlato si recano a tali taverne e vi passano a bere l’intera giornata. A quelle bevute danno il nome di straviza. Alla sera i tavernieri fanno il conto della cervogia bevuta e ciascuno paga la quota a lui spettante, più quella che spetta alla moglie ed ai figli se li ha portati con sé. In quegli straviza, o bevute che dir si vogliano, succede che si fanno imprestare del denaro, dando in pegno i figliuoli, da qualche mercante forestiero, di Gazaria, di Soldaia, e di qualcun altro dei paesi limitrofi: spendono quel denaro nelle bevute e così vendono la propria prole. Quanto alle dame, costrette a rimanere l’intero giorno a quelle bevute, vi dirò come facciano quando la voglia di orinare le prende. Non escono punto [affatto] dalla taverna. Le loro donzelle [serve] si avvicinano con delle grandi spugne e gliele mettono sotto con tanta cautela che il resto degli astanti non se ne accorge. Ché una fa finta di discorrere con la dama e l’altro intanto le mette sotto la spugna. E la dama, seduta com’è, orina dentro la spugna: spugna che la donzella porta poi via ben rigonfia. In tal modo orinano tutte le volte che di orinare hanno voglia.
E di diremo di un fatto che lì una volta successe.
Sappiate dunque che un tale se ne tornava di sera colla propria moglie da quelle bevute, diretto a casa, quando la moglie si accosciò per orinare. I peli delle cosce, ghiacciati dal freddo intensissimo, restarono attaccati insieme colle erbe; sicché la donna, non potendo più muoversi, perché troppo doloroso era qualsiasi strappo per liberarsi, invocava soccorso. Allora il marito, ubbriaco fradicio, mosso a pietà della moglie, si chinò su di lei e cominciò a soffiare sperando di distruggere col fiato caldo quella ghiaccia tura. Ma mentre soffiava, l’umidità del fiato si agghiacciò, e così i peli della sua barba restarono attaccati insieme coi peli delle cosce della donna. Anch’egli pertanto, per il troppo dolore non si poteva muovere dalla sua posizione e se ne stava lì piegato in due. E fu necessario che sopraggiungesse qualcuno a romper loro quel ghiaccio, se vollero partirsi di là.

RIFLESSIONE:
Meno male che, come libro di narrativa ho scelto “Le avventure di Tom Sawyer”! Vi immaginate se dovevate fare un disegno per illustrare questa scena?

Un ritratto di Marco Polo del XVI secolo
(e dunque, del tutto falso)



Nessun commento:

Posta un commento