Spiegazione:
L'enjambement consiste nell'alterazione tra l'unità del verso e l'unità sintattica ed è quindi una frattura a fine verso della sintassi o di un sintagma o anche di una parola causata dall'andare a capo come da questo esempio:
« sol con un legno e con quella compagna picciola da la qual non fui diserto. » (Di:Dante - Inferno, canto XXVI) Caratteristiche: L''enjambement significa in francese "scavalcamento", ed è la sfasatura che si produce tra due versi quando l'unità metrica (il verso) non coincide con un'unità sintattica e di senso. Questa cosiddetta "inarcatura" interressa due estremi del verso, quello terminale del primo e quello iniziale del secondo: l'estremo finale (l'inizio del secondo verso) si dice rejet, mentre l'estremo iniziale (la fine del primo verso) si dice contre-rejet. La terminologia è francese perché furono dei letterati francesi a inventare e usare, tra Cinquecento e Seicento, l'accezione metrica del vocabolo enjambement; la usò in particolare Nicolas Boileau, individuando la frequenza del fenomeno nella versificazione italiana e condannandola. La metrica francese tradizionale ignora infatti l' enjambement, mentre la poesia italiana ne fa un uso abbondante fin dalle origini. Esso è avvertibile in quanto si distingue da una pausa linguistica alla fine del verso (come una pausa linguistica vera e propria, indicata da punteggiatura adeguata, per cui fine del verso e fine della frase coincidono; altresì come la giuntura tra due posizioni, separate generalmente da una virgola; infine, come l'inarcatura sintattica, cioè un incastro di proposizioni nello spazio di più versi, oppure la rottura dell'ordine naturale nello spazio di alcuni versi da essa interessati). Storia: Il termine enjambement è francese e venne usato da Boileau nel Seicento per condannarne l'uso, mentre in Italia, dove era normalmente utilizzato, non si sentiva la necessità di dargli una precisa definizione. Nel Cinquecento il Tasso, nel suo Discorso dell'Arte poetica, parlava di rompimento o inarcatura, ma malgrado si sia insistito anche nei secoli seguenti su questo termine, si è affermato definitivamente quello di enjambement. L'enjambement inizia a comparire già nel '500 (ne è ritenuto inventore Angelo di Costanzo) per poi presentarsi sempre più spesso nel '800 e nel '900. A fare largo uso dell'enjambement sono gli autori del primo Cinquecento e in seguito anche il Leopardi, il Carducci della metrica barbara e soprattutto il Pascoli. Da ultimo, le terzine di Pasolini sono piene di 'njambements cui corrisponde quasi sempre una pausa forte dentro il verso:
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