domenica 4 marzo 2012

Giovanni Pascoli

POSTATO dal prof d’italiano:
(non assomiglia un po' al nostro Preside?)

Nato a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855 e morto a Bologna il 6 aprile 1912, Giovanni Pascoli è stato uno dei poeti più rappresentativi di un movimento culturale che prende il nome di decadentismo, al quale Pascoli va iscritto, anche se non vi partecipò in maniera diretta e programmatica. Nelle numerose raccolte di poesie che pubblicò si riconoscono alcuni temi principali, quali (in maniera molto grossolana)
-         l’interesse per i piccoli fatti della vita quotidiana
-         l’idea che nella campagna c’è la vera vita, fatta dei sentimenti più profondi
-         il concetto che i fanciulli (o gli adulti che sono rimasti fanciulli dentro) hanno una conoscenza più vera della vita
La sua poesia sembra a volte molto semplice, in realtà non lo è, perché un’altra caratteristica di questo poeta è la continua voglia di sperimentare metriche e lessico nuovi.

Postiamo qui le poesie che ci piacciono; comincio io con due poesie che mi piacciono molto, tratte dalla sua prima raccolta poetica, pubblicata tra il 1891 e il 1911 (con progressivi ampliamenti), che si intitola Myricae (pronuncia “mirice”; sono le tamerici, semplici alberi di campagna):

IL LAMPO

E cielo e terra si mostrò qual era:

la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d’un tratto;
come un occhio, che largo, esterrefatto,
s’aprì si chiuse, nella notte nera.


IL TUONO

E nella notte nera come il nulla,

a un tratto, col fragor d’arduo dirupo
che frana, il tuono rimbombò di schianto:
rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,
e tacque, e poi rimaneggio rinfranto,
e poi vanì. Soave allora un canto
s’udì di madre, e il moto di una culla.

-------------------------------------------------------------------
LA NEVE
(da Myricae)

Lenta la neve, fiocca, fiocca, fiocca,
senti: una zana dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca,
canta una vecchia, il mento sulla mano,

La vecchia canta: Intorno al tuo lettino
c'è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nel bel giardino il bimbo s'addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta.

(scelta da Tommaso M. e Giulio G.)


----------------------------------------------------------------------
CANZONE D'APRILE
(da Myricae)
Fantasma tu giungi,
tu parti mistero.
Venisti, o di lungi?
ché lega già il pero,
fiorisce il cotogno
laggiù.
Di cincie e fringuelli
risuona la ripa.
Sei tu tra gli ornelli,
sei tu tra la stipa?
Ombra! anima! sogno!
sei tu . . . ?
Ogni anno a te grido
con palpito nuovo.
Tu giungi: sorrido;
tu parti: mi trovo
due lagrime amare
di più.
Quest'anno . . . oh! quest'anno,
la gioia vien teco:
già l'odo, o m'inganno,
quell'eco dell'eco;
già t'odo cantare
Cu . . . cu.


(scelta da Andrea F. e River G.)

---------------------------------------------------------------------
X AGOSTO
(da Myricae)
San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale

(scelta da Alessandro C. e Davide R.)

-------------------------------------------------------------------

IL BRIVIDO
(da Canti di Castelvecchio)

Mi scosse, e mi corse
le vene il ribrezzo.
Passata m'è forse
rasente, col rezzo
dell'ombra sua nera,
la morte. . .
          Com'era?

Veduta vanita,
com'ombra di mosca:
ma ombra infinita,
di nuvola fosca
che tutto fa sera:
la morte. . .
          Com'era?

Tremenda e veloce
come un uragano
che senza una voce
dilegua via vano:
silenzio e bufera:
la morte. . .
          Com'era?

Chi vede lei, serra
nè apre più gli occhi.
Lo metton sotterra
che niuno lo tocchi,
gli chieda - Com'era?
rispondi. . .
          com'era?

(scelta da Giulio T. e Gianluca Z.)

-------------------------------------------------------------------

NOVEMBRE
(da Myricae)

Gemmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
                             senti nel cuore...

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
                             sembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l'estate,
                             fredda, dei morti.

(scelta da Alice D.B.)


--------------------------------------------------------------------


TEMPORALE
(da Myricae)

Un bubbolio lontano...

Rosseggia l'orizzonte,
come affocato, a mare;
nero di pece, a monte,
stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un'ala di gabbiano.

(scelta da Jacopo P.)


--------------------------------------------------------------------

2 commenti: