giovedì 29 dicembre 2011

Una storia della Seconda guerra mondiale

POSTATO dal prof d’italiano:

Sembra la sceneggiatura di un kolossal hollywoodiano questo articolo apparso su la Repubblica del 2 dicembre 2011, che racconta un episodio poco conosciuto della Seconda guerra mondiale.


Così una mina affondò il “Titanic” sovietico
di Nicola Lombardozzi
MOSCA - Non c'erano gioielli né abiti da sera quella notte. E nemmeno struggenti storie d'amore da raccontare negli anni a venire. Ma l'incubo del mare ghiacciato, delle urla disperate dei naufraghi, della nave squarciata che si allontanava all'orizzonte, era identico a quello, più celebre e romanzato, del Titanic. Un Titanic sovietico, colato a picco esattamente settant'anni fa. Più cupo, crudele e anche più letale: 3849 vittime, molto più del doppio di quelle del piroscafo britannico. Erano quasi tutte giovanissime reclute dell'Armata Rossa e un numero imprecisato di famiglie di sfollati da una pacifica isola finlandese capitata d’un tratto al centro dell'inferno.
Riesumata da polverosi archivi della Marina dove era stata gelosamente sepolta con la dicitura "top secret", la storia della nave "Josif Stalin" è una storia di cinismo, inettitudine militare e spietate strategie di propaganda. Tutto comincia la sera del 2 dicembre 1941. L'avanzata nazista sul territorio sovietico sembra inarrestabile. Le truppe tedesche marciano senza sosta fino alle porte di Mosca e intanto si allargano verso Nord conquistando uno dopo l'altro i porti del Baltico e del Golfo di Finlandia. Stalin appare paralizzato, sotto choc per le notizie di continui disastri militari e per l'incapacità dei generali.
Qualcuno gli spiega che anche Tallinn, la capitale estone sta cadendo in mano al nemico e che l'isoletta finlandese di Hanko (in russo Khanko) deve essere abbandonata. Una sola nave è abbastanza grande da portare in salvo la popolazione e i soldati della guarnigione ormai indifendibile. È proprio la "Josif Stalin", nave a due ponti, voluta e fatta costruire in Olanda da Stalin in persona nel 1939. Doveva servire per concedere spartane crociere ai lavoratori sovietici. E lo stesso Stalin si era fatto dipingere nei manifesti pubblicitari mentre impugnava un timone e invitava i suoi concittadini a rilanciare i viaggi per mare.
Usare una nave così simbolica per un'operazione talmente rischiosa non è una scelta facile. Stalin chiede di togliere le scritte di poppa e sostituirle con la più anonima sigla VT-521. Ma il piroscafo ha una sagoma riconoscibilissima. Quando arriva al largo di Hanko, tutti sanno che è arrivato Josif Stalin per portarli in salvo. La nave si riempie oltre a ogni limite. Le cabine da tre posti ospitano fino a quaranta persone. Militari, ma anche donne e bambini su ogni angolo dei ponti che un tempo servivano per la passeggiata. La temperatura è di dieci gradi sotto zero, nevica, lastre di ghiaccio compaiono inquietanti sul pelo dell'acqua. Quando lascia il piccolo porto abbandonato, il piroscafo imbarca 5.589 persone. Il Cremlino ha preteso una maxi scorta di caccia e dragamine. Agli sfollati danno un senso di sicurezza. Non sanno però che il comandante Nikolaj Stepanov ha ricevuto dalla Marina tutta l'assistenza possibile tranne una cosa fondamentale: la mappa delle mine sovietiche disseminate in acqua per fermare gli u-boots tedeschi. Roba troppo delicata per consegnarla a un civile. Succede così che le navi di scorta evitano le trappole amiche e la "Josif Stalin" no. La prima esplosione è a mezzanotte. Migliaia di disperati cercano di salire in coperta. Stepanovic fa chiudere le porte di acciaio. Le urla degli imprigionati saranno coperte da altre due esplosioni.
Fino alla quarta che spazza via la prua. La nave è perduta, tra i ghiacci del Golfo di Finlandia si disperano migliaia di persone in cerca di salvezza ma il freddo le uccide una dopo l'altra. Si tenta un soccorso che ha scarsi risultati, poi quello che resta della Stalin se ne va verso il mare aperto. A bordo ci sono il comandante e altri 2.500 passeggeri. La nave non è governabile, ma regge ancora.
Stalin è furioso, ordina di recuperarla a tutti i costi, la sua omonima non può finire in mano ai tedeschi. Per due giorni nella tempesta del Baltico i naufraghi resistono. Qualcuno muore di freddo, qualcun altro si uccide. Ma non ci sono testimonianze dirette. Di certo all'alba del 4 dicembre il capitano di vascello Ivan Sviatov firma un ordine a tutte le unità russe: «Rintracciate il relitto della Stalin e affondatelo». Meglio uccidere 2.500 sovietici piuttosto che cedere la nave simbolo. Ma l'inefficienza della Marina questa volta aiuta i naufraghi. Le ricerche tra nebbia, gelo e informazioni errate non riescono. Il relitto e suoi disperati passeggeri viene catturato dai tedeschi. I quali, anche loro distratti dalla guerra, non capiscono o non sfruttano l'effetto propagandistico. Il Titanic sovietico resterà un segreto fino a ieri. Senza testimoni. Catturato insieme agli altri, il comandante Stepanov, viene inviato in un campo di concentramento nazista a Tallin. Tre anni dopo, quando l'Estonia sarà liberata dall'Armata Rossa, verrà fucilato senza processo, per "alto tradimento". Le feste per la Vittoria non potevano essere disturbate da scomode rievocazioni.

La nave "Josif Stalin"

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