MOSTER INC
http://www.youtube.com/watch?v=vg1JUZ9wlGU&feature=player_detailpage
FOR THE BIRDS
http://www.youtube.com/watch?v=aHUgdwyxTF0&feature=player_detailpage
mercoledì 29 febbraio 2012
martedì 28 febbraio 2012
One Thing- One Direction
POSTATO DA JASMINE:
http://www.youtube.com/watch?v=Y1xs_xPb46M&ob=av2n
Ecco un' altra canzone della mia band preferita : I One Direction !
La canzone si chiama One Thing !
è bellissima ascoltatela !
http://www.youtube.com/watch?v=Y1xs_xPb46M&ob=av2n
Ecco un' altra canzone della mia band preferita : I One Direction !
La canzone si chiama One Thing !
è bellissima ascoltatela !
lunedì 27 febbraio 2012
domenica 26 febbraio 2012
Up All Night-One Direction *__*
Postato da Jasmine:
http://youtu.be/O_12WZ0RNS0
-Questa è la Canzone principale del CD senza questa non c'è niente!
Up All Night infatti è il titolo del Cd e della Canzone.
Ascoltate questa canzone perchè è BELLISSIMA!
I One Direciton Sono la mia Band Preferita !
Sono bravissimi !
http://youtu.be/O_12WZ0RNS0
-Questa è la Canzone principale del CD senza questa non c'è niente!
Up All Night infatti è il titolo del Cd e della Canzone.
Ascoltate questa canzone perchè è BELLISSIMA!
I One Direciton Sono la mia Band Preferita !
Sono bravissimi !
La Foto rappresenta loro ospiti a Sanremo :D
La Babele nella testa
POSTATO dal prof d’italiano:
A chi è interessato alle lingue straniere, e ancor più a chi non ne è interessato, questo articolo apparso su la Repubblica il 23 febbraio 2012:
La Babele nella testa
Di Maria Novella De Luca
Sono affamati di lingue e di linguaggi, così come di contatti e di connessioni. Se non parli sei fuori, e non c'è traduzione su Google che possa aiutarti. Dagli iperpoliglotti in grado di imparare anche 18 lingue diverse, ai minipoliglotti che conoscono perfettamente due idiomi stranieri, il mondo dei giovani e dei giovanissimi, ma anche dei migranti e dei lavoratori globetrotter, sta riscrivendo le regole della comunicazione mondiale.
Una torre di Babele al contrario, dove le lingue si incrociano, si fondono, ma alla fine, questo è il risultato, ci si capisce e comprende sempre di più. È stata la Bbc a rilanciare nei giorni scorsi il tema del crossover linguistico, partendo dal libro di Michael Erard, Babel no more in cui lo studioso americano racconta le storie di alcuni (incredibili) e autodidatti poliglotti, capaci di parlare e comprendere trai 15 e i 18 idiomi.
Eccezioni a parte, il multilinguismo sembra essere diventato un bisogno primario delle nuove generazioni: il 67% dei polacchi e il 64% dei francesi contro il 48% dei tedeschi e il 43% degli italiani afferma di parlare (bene) altre due lingue oltre la propria. E in questo spiccano in Italia, come altrove, i "2G", ossia gli immigrati di seconda generazione, nati qui o arrivati da piccolissimi, ma da sempre esposti a doppi o tripli linguaggi. Una mescolanza che oggi fa registrare 7mila idiomi diversi nel mondo, ma destinata nell'arco del prossimo mezzo secolo ad assottigliarsi, se è vero che il 90% delle lingue viene parlato "soltanto" da gruppi inferiori alle centomila persone e circa 2.500 sarebbero a rischio di estinzione. Ma esistono delle caratteristiche culturali, ambientali, fisiche e neurologiche che permettono ad alcuni di raggiungere livelli eccelsi, mentre altri arrancano tutta la vita cercando di raggiungere un semplice "inglese scolastico"? Nel suo libro Michael Erard parla espressamente di un "hardware" neurologico speciale di cui sarebbero dotati i poliglotti da lui intervistati, insomma un "dono" di natura insieme a una vita vagabonda e a mestieri che li hanno obbligati a imparare sempre nuove lingue.
Andrea Moro, professore ordinario di Linguistica generale alla Scuola Superiore Universitaria Iuss di Pavia, allarga il tema e afferma che «possiamo spiegare con delle precise ricerche scientifiche quante lingue il cervello umano può imparare, quali sono quelle che metabolizza davvero e quali invece si aggrappano semplicemente alla nostra memoria». Una tesi anticipata nel suo libro I confini di Babele, nel quale non ipotizza affatto una fine della "torre" degli idiomi così come la descrive la Genesi, ma ne traccia i confini. Precisando che tutto inizia nella prima infanzia e si conclude nella pubertà, indicazione (impietosa) che non lascia dubbi su quanto si dovrebbe investire a livello scolastico sullo studio delle lingue.
Mentre invece, come sottolinea Linda Rossi Holden, docente di Didattica della lingua inglese all'Università di Modena e Reggio Emilia, «oggi in Italia, nonostante il bisogno di conoscenza di lingue straniere, il livello di insegnamento resta basso e le lingue riescono a impararle soltanto i ragazzi sostenuti economicamente dalle famiglie». E bisogna imparare a decifrare le sigle dei livelli linguistici europei per capire quando sia grande il problema dei giovani italiani, che nel 44% dei casi si presentano all'Università o peggio nel mondo del lavoro con un semplice inglese "scolastico".
Spiega Andrea Moro: «Fino alla pubertà le lingue si apprendono spontaneamente, passato questo periodo il cervello perde quella straordinaria plasticità e si devono utilizzare altri strumenti, ad esempio la memoria. Questo non vuol dire che passata l'età giovanile non si riescano più a imparare le lingue, ma i percorsi neurologici diventano meno automatici e facili. E uno dei motivi per cui gli italiani non parlano bene gli idiomi stranieri è proprio perché questi non vengono insegnati fin dall'infanzia». Ma Moro si spinge più in là: «Nel libro I confini di Babele quel che racconto è un esperimento fatto per capire come il cervello impara la lingue. Abbiamo osservato, attraverso la risonanza magnetica, quali aree venivano attivate a seconda degli stimoli linguistici forniti. E abbiamo visto che mentre con parole e frasi costruite in modo tradizionale, attraverso la sintassi, il cervello rispondeva incamerando e metabolizzando i contenuti, se fornivamo una lingua inventata, assurda, la risposta era diversa, come se quelle parole non venissero recepite. Questo per dire che il nostro cervello non può incamerare un numero infinito di lingue, ma c'è un confine».
Lo stesso Erard infatti, attraverso le interviste ai super-poliglotti riportate nel suo libro, parla di un limite, 10-11 lingue che si possono imparare alla perfezione, mentre tutto il resto fa parte delle cosiddette "conversazioni di sopravvivenza". Passando però dagli esperimenti alla vita di tutti i giorni, quello che emerge è che per destreggiarsi nella Babele dei nostri giorni, bisogna saper parlare, leggere e scrivere in due o più idiomi, a cominciare, e non c'è scampo, dall'inglese. Così infatti ha pensato Letizia Quaranta, giovane mamma poliglotta, che riapprodata in Italia dopo un po' di viaggi all'estero, ha deciso non solo di far crescere suo figlio bilingue, ma di condividere questo esperimento con chiunque fosse interessato a far imparare le lingue ai bambini fin dalla culla. Bambini che saranno cittadini del mondo. Ne sono nati un blog e un sito di successo Bilingue per gioco, dove attraverso un corso appositamente chiamato "Learn with mummy", si insegna ai più piccoli l'inglese fin dalla culla. Se conosci una lingua vivi una vita sola, se conosci più lingue vivi tante vite. Lo sanno bene i giovani dell'Erasmus che da più di due decenni girano il mondo per studiare almeno un anno in una Università straniera, tornando in Italia spesso con la consapevolezza, racconta Antonella, 21 anni, nel suo blog, che non appena presa la laurea bisogna andare via. «Negli ultimi anni - ammette con amarezza Linda Rossi Holden - i tagli di insegnanti e di ore hanno impoverito ancora di più l'insegnamento delle lingue nella scuola. Ma è tutta la società italiana refrattaria ad aprirsi alla cultura del multilinguismo: non esistono programmi sottotitolati, trasmissioni in lingua madre. Ricordatevi gli albanesi quando arrivarono in Italia: molti di loro già parlavano e bene l'italiano perché per anni avevano visto la nostra televisione».
venerdì 24 febbraio 2012
domenica 19 febbraio 2012
Radicchio rosso di Treviso.....ho l'acquolina :p
POSTATO DA Sofia
Il radicchio di Treviso è un tipo di radicchio rosso, caraterizzato da foglie dette "screziate" a causa della loro particolarità che le fa apparire simili, per forma, alle rose, con foglie di color panna spruzzate e punteggiate di rosso. Il sapore è decisamente amarognolo, ma delicate allo tempo stesso. Il crespo di questo tipo di radicchio, ha una forma che ricorda appunto un fiore, con foglie larghe e leggermente arricciate.
LA MIA RICETTA PREFERITA ( io li metterei su una padella e farei anche 5 giri con l'aceto)
ingredienti:
4-5 radicchi di treviso
sale
pepe
olio
aceto bianco
Tagliare nel senso lungo i radicchi mantenendo poco del gambo, quando basta perchè restino in sesto senza spaccarsi in tante foglioline. Preparare la griglia ben calda. Adagiare i radicchi, spruzzate qualche giro d'aceto bianco... (li renderà viola) e spolverate con sale e pepe e servite.
Il radicchio di Treviso è un tipo di radicchio rosso, caraterizzato da foglie dette "screziate" a causa della loro particolarità che le fa apparire simili, per forma, alle rose, con foglie di color panna spruzzate e punteggiate di rosso. Il sapore è decisamente amarognolo, ma delicate allo tempo stesso. Il crespo di questo tipo di radicchio, ha una forma che ricorda appunto un fiore, con foglie larghe e leggermente arricciate.
LA MIA RICETTA PREFERITA ( io li metterei su una padella e farei anche 5 giri con l'aceto)
ingredienti:
4-5 radicchi di treviso
sale
pepe
olio
aceto bianco
Tagliare nel senso lungo i radicchi mantenendo poco del gambo, quando basta perchè restino in sesto senza spaccarsi in tante foglioline. Preparare la griglia ben calda. Adagiare i radicchi, spruzzate qualche giro d'aceto bianco... (li renderà viola) e spolverate con sale e pepe e servite.
venerdì 17 febbraio 2012
2 poesie comico-realistiche
POSTATO dal prof d’italiano:
A proposito della poesia comico-realistica, vi faccio leggere 2 altre poesie, oltre alla famosa “S’i fosse foco” che c’è nell’antologia.
La prima è dello stesso Cecco Angiolieri ed è un sonetto:
Tre cose solamente mi so’ in grado,
le quali posso non ben ben fornire,
cioè la donna, la taverna e ‘l dado:
queste mi fanno ‘l cuor lieto sentire.
Ma sí-mme le convene usar di rado,
ché la mie borsa mi mett’al mentire;
e quando mi sovien, tutto mi sbrado,
ch’i’ perdo per moneta ‘l mie disire.
E dico: «Dato li sia d’una lancia!»,
ciò a mi’ padre, che-mmi tien sì magro,
che tornare’ senza logro di Francia.
Ché fora a tôrli un dinaro più agro,
la man di Pasqua che-ssi dà la mancia,
che far pigliar la gru ad un bozzagro.
PARAFRASI:
Tre cose solamente mi sono gradite, le quali non posso procurarmi nella quantità desiderata, cioè le donne, l’osteria e il gioco: queste mi fanno sentire il cuore lieto.
Ma sono costretto a godermele raramente, perché la mia borsa [il mio portafoglio] mi smentisce [cioè non mi permette di averle]; e quando me ne ricordo, vado su tutte le furie, perché per mancanza di denaro perdo ciò che desidero.
E dico: «Venga trafitto da una lancia!», ciò lo dico a mio padre, che mi tiene così magro [cioè non mi dà soldi], che tornerei senza dimagramento anche dalla Francia [cioè per fame tornerei anche da lontano, pur di avere ciò che voglio].
Perché sarebbe più difficile togliere un soldo [a mio padre], anche se fosse la mattina di Pasqua quando si dà la mancia, che far catturare una gru a una poiana [è impossibile che una poiana possa catturare una gru, visto che quest’ultima è più grossa e veloce della prima].
La seconda è di Rustico Filippi ed è sempre un sonetto: è una poesia piuttosto “violenta”, che rientra in una tradizione goliardica, risalente sia alla età classica che a quella medievale, improntata a una esasperata misoginia [probabilmente il termine “misoginia” è ignoto ai miei alunni; cercatene il significato nel dizionario]
Dovunque vai conteco porti il cesso,
oi buggeressa vecchia puzzolente,
che quale-unque persona ti sta presso
si tura il naso e fugge immantinente.
Li dent’i-le gengíe tue ménar gresso,
ché li taseva l’alito putente;
le selle paion legna d’alcipresso
inver’ lo tuo fragor, tant’è repente.
Ch’e’ par che s’apran mille monimenta
quand’apri il ceffo: perché non ti spolpe
o ti rinchiude, sì ch’om non ti senta?
Però che tutto ‘l mondo ti paventa:
in corpo credo figlinti le volpe,
ta-lezzo n’esce fuor, sozza giomenta.
PARAFRASI:
Dovunque vai porti con te il cesso, o sudiciona vecchia puzzolente, che qualunque persona ti sta vicino si tura il naso e fugge immediatamente.
I denti producono tartaro nelle tue gengive, perché li intasa l’alito puzzolente; i sedili per i bisogni corporali sembrano fatti di legno di cipresso [che è profumato] in confronto alla tua puzza, tanto è violenta.
Che sembra che si aprano mille sepolcri quando apri il muso [la bocca]: perché non crepi o non ti rinchiudi, cosicché nessuno ti senta?
Infatti tutto il mondo ti teme: credo che le volpi ti partoriscano in corpo [e dunque puzzi come una tana di volpi], tale è la puzza che esce da te, sporca vacca.
Per concludere questo approfondimento sulla poesia del ‘200, che stiamo studiando in classe, ascoltatevi – se già non la conoscete – la canzone di Fabrizio De Andrè che ha il testo di Cecco Angiolieri, andando su questo link:
Giacomo da Lentini: Molti amadori la loro malatia
POSTATO dal prof d’italiano:
La nostra antologia non ha alcuna poesia della Scuola siciliana; eccone qui una (si tratta di un sonetto), di Giacomo da Lentini.
Molti amadori la lor malatia
portano in core, che ‘n vista non pare;
ed io non posso sì celar la mia,
ch’ella non paia per lo mio penare:
però che son sotto altrui segnoria,
né di meve nonnò neiente a-ffare,
se non quanto madonna mia voria,
ch’ella mi pote morte e vita dare.
Su’ è lo core e suo son tutto quanto,
e chi non à consiglio da suo cuore,
non vive infra la gente como deve;
cad io non sono mio né più né tanto,
se non quanto madonna è de mi fore
ed uno poco di spirito è ‘n meve.
PARAFRASI:
Molti innamorati portano in cuore la loro malattia [cioè l’amore], tanto che non appare alla vista [non si vede]; eppure io non posso nascondere la mia, in modo che essa non si veda a causa del mio soffrire:
perché sono sotto la signoria altrui [cioè sono sottomesso alla mia signora, alla mia donna], e non posso per niente disporre di me, se non quanto la mia donna vuole, ché ella mi può dare morte e vita.
Suo è il mio cuore e suo sono tutto quanto, e chi non ha consiglio dal proprio cuore, non vive come si deve in mezzo alla gente;
ché io non sono mio né più né tanto, se non quando la mia donna è fuori di me [cioè io non penso a lei] e in me c’è un poco di spirito.
mercoledì 15 febbraio 2012
lunedì 13 febbraio 2012
TWILIGHT IN DIALETTO
http://www.youtube.com/watch?v=AEl8JxrJ6ak&list=ULAEl8JxrJ6ak&feature=player_detailpage
FA STRA RIDERE !!!!!!!!!!!!!!!!!!!
FA STRA RIDERE !!!!!!!!!!!!!!!!!!!
giovedì 9 febbraio 2012
Ai Se Eu Te Pego da playstation
http://www.youtube.com/watch?v=pPSe_Z29r8g&feature=player_detailpage
guesta è la prova che anche ni giochi di calcio per la plaistation i gicatori si divertino
guesta è la prova che anche ni giochi di calcio per la plaistation i gicatori si divertino
One Direction - Prima Performance A Casa Del Giudice
Postato da Jasmine e Martina E. :
http://www.youtube.com/watch?v=V5UQD61Tg3E&feature=related
Jasmine:Ho Postato questa Canzone perchè i One Direction sono i miei cantanti preferiti e questa canzone è bellissima cantata da loro.
Martina:è Bellissima
http://www.youtube.com/watch?v=V5UQD61Tg3E&feature=related
Jasmine:Ho Postato questa Canzone perchè i One Direction sono i miei cantanti preferiti e questa canzone è bellissima cantata da loro.
Martina:è Bellissima
mercoledì 8 febbraio 2012
POSTATO DA GIANLUCA: CRESCERE SANI PER SPERIMENTARE LA LIBERTA' E LA GIOIA DI VIVERE
Fuori dall'atmosfera e dall'aria inquinata delle città rumorose, ti trovi in mezzo alla brezza vivificante delle colline libere e, respirando l'aria pura a pieni polmoni acquisiti "un sangue nuovo nelle vene e una vita nuova nel cervello".
E mentre, grazie al tuo ottimo allenamento procedi con passo infaticabile, assapori la gioia di vivere.
Attraverso monti e valli, con le bellezze del paesaggio che mutano ad ogni passo, ti senti un uomo libero.
Ti assicuro che con l'abitudine alla vita all'aperto il fisico si rafforza talmente che davvero non si fa più gran caso al tempo, e meno che mai gli si dà importanza. Qualunque sia, caldo o freddo, pioggia o sole, tu acquisti forza, vitalità e gioia. Autore.baden powell, fondatore della comunità scout.
A me piacerebbe che si facessero le lezioni all'aperto perchè sarebbe più interessante e divertente per tutti noi!
ciao Gianluca :)
A me piacerebbe che si facessero le lezioni all'aperto perchè sarebbe più interessante e divertente per tutti noi!
ciao Gianluca :)
martedì 7 febbraio 2012
lunedì 6 febbraio 2012
I dolori di un bambino
POSTATO dal prof d’italiano:
Ho finito di leggere “I Vicerè” e ora sto leggendo “Il mulino sulla Floss”, un romanzo del 1860 della scrittrice inglese George Eliot. Non solo si sta rivelando molto piacevole, ma vi ho trovato una pagina che mi sembra molto interessante e che voglio condividere con i miei alunni (e i loro genitori; anzi, forse è più adatta a un pubblico adulto che a quello giovanile, ma insomma anche un ragazzo può trovarci di che riflettere). Eccola qui:
“Ah, figliolo, un giorno capirai quali sono i veri problemi per cui angosciarsi” è la consolazione che quasi tutti abbiamo ricevuto nella nostra infanzia, e che, diventati adulti, abbiamo ripetuto ad altri bambini. Abbiamo tutti singhiozzato pietosamente, con le gambine nude e le nostre calzette, quando abbiamo perso di vista la mamma o la balia in un luogo sconosciuto; ma non sappiamo più rammentare l’amarezza di quel momento e commuoverci fino alle lacrime, come facciamo invece nel ricordare i dolori di cinque o dieci anni fa. Ognuno di quegli intensi momenti ha lasciato una traccia e vive ancora in noi, ma tali tracce si sono irreparabilmente dissolte nella trama più solida della nostra giovinezza e maturità; ecco perché possiamo guardare ai dolori dei nostri bambini con un sorriso incredulo per la realtà della loro pena. Chi è capace di rievocare l’esperienza della sua infanzia, e non solo il ricordo di ciò che ha fatto e di ciò che gli è successo, di ciò che gli piaceva o dispiaceva quando portava i calzoni corti o lo scamiciato; ma con profonda capacità di penetrazione, con ridestata consapevolezza di ciò che provava allora, quando passava così tanto tempo tra un giorno di san Giovanni e l’altro? Di ciò che provava quando i suoi compagni di scuola lo escludevano dal gioco perché lui colpiva storto la palla, per pura testardaggine; o in una giornata di pioggia, durante le vacanze, quando non sapeva come divertirsi, e passava dall’ozio alle birichinate, dalle birichinate alle provocazioni, dalle provocazioni alle musonerie; o quando sua madre gli aveva assolutamente negato un abito a code per quel trimestre, anche se tutti i suoi coetanei già l’avevano? Se potessimo rammentare quelle prime amarezze, quelle confuse congetture, quella concezione della vita stranamente priva di prospettive, che rendeva tanto intensa quell’amarezza, non disprezzeremmo i dolori dei nostri bambini.
Pensavo: perché non postate anche voi, almeno ogni tanto, una frase, un brano, una pagina di un libro che vi abbia colpito particolarmente? Lo so che ci vuole un po’ di tempo, ma se lo trovo io….
Marco Polo, Il Milione: un episodio incredibile!
POSTATO dal prof d’italiano:
Vi avevo raccontato in classe questo episodio tratto dal Milione di Marco Polo; ora ve lo trascrivo, perché è troppo “oscenamente” divertente.
Dovete sapere che nella Russia regna un freddo talmente intenso che ci si regge a fatica. Un freddo intenso come in quel luogo non si trova in nessuna parte del mondo. E se non fossero le molte stuppe [una specie di luogo pubblico, usato da chi viaggia per riscaldarsi tra una tappa e l’altra del proprio viaggio] che là ci sono, finirebbero gli abitanti col restar vittime del freddo eccessivo. […] E vi diremo un’usanza che hanno. Essi si fanno col miele e col panìco [una pianta delle graminacee] un loro vino squisitissimo, chiamato cervogia. Di tale cervogia essi fanno delle enormi bevute: nel modo che ora udirete. Sappiate dunque che si formano varie compagnie, di uomini e donne, specialmente di nobili e di magnati: compagnie di trenta, di quaranta, di cinquanta persone, ove i mariti portano con loro moglie e figliuoli. Ogni compagnia elegge nel suo seno un re, o in altre parole un comandante, e si fa uno statuto: in maniera che se, per esempio, uno pronuncia una parola che non vada o faccia qualcosa che sia contro lo statuto, viene punito dal capo che la compagnia si è dato. Ora, ci sono certuni, qualcosa come i nostri tavernieri, che tengono cànova [bottega per la vendita] della suddetta cervogia. Le compagnie di cui ho parlato si recano a tali taverne e vi passano a bere l’intera giornata. A quelle bevute danno il nome di straviza. Alla sera i tavernieri fanno il conto della cervogia bevuta e ciascuno paga la quota a lui spettante, più quella che spetta alla moglie ed ai figli se li ha portati con sé. In quegli straviza, o bevute che dir si vogliano, succede che si fanno imprestare del denaro, dando in pegno i figliuoli, da qualche mercante forestiero, di Gazaria, di Soldaia, e di qualcun altro dei paesi limitrofi: spendono quel denaro nelle bevute e così vendono la propria prole. Quanto alle dame, costrette a rimanere l’intero giorno a quelle bevute, vi dirò come facciano quando la voglia di orinare le prende. Non escono punto [affatto] dalla taverna. Le loro donzelle [serve] si avvicinano con delle grandi spugne e gliele mettono sotto con tanta cautela che il resto degli astanti non se ne accorge. Ché una fa finta di discorrere con la dama e l’altro intanto le mette sotto la spugna. E la dama, seduta com’è, orina dentro la spugna: spugna che la donzella porta poi via ben rigonfia. In tal modo orinano tutte le volte che di orinare hanno voglia.
E di diremo di un fatto che lì una volta successe.
Sappiate dunque che un tale se ne tornava di sera colla propria moglie da quelle bevute, diretto a casa, quando la moglie si accosciò per orinare. I peli delle cosce, ghiacciati dal freddo intensissimo, restarono attaccati insieme colle erbe; sicché la donna, non potendo più muoversi, perché troppo doloroso era qualsiasi strappo per liberarsi, invocava soccorso. Allora il marito, ubbriaco fradicio, mosso a pietà della moglie, si chinò su di lei e cominciò a soffiare sperando di distruggere col fiato caldo quella ghiaccia tura. Ma mentre soffiava, l’umidità del fiato si agghiacciò, e così i peli della sua barba restarono attaccati insieme coi peli delle cosce della donna. Anch’egli pertanto, per il troppo dolore non si poteva muovere dalla sua posizione e se ne stava lì piegato in due. E fu necessario che sopraggiungesse qualcuno a romper loro quel ghiaccio, se vollero partirsi di là.
RIFLESSIONE:
Meno male che, come libro di narrativa ho scelto “Le avventure di Tom Sawyer”! Vi immaginate se dovevate fare un disegno per illustrare questa scena?
Un ritratto di Marco Polo del XVI secolo
(e dunque, del tutto falso)
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